ANLAIDS, l’ Associazione Nazionale per la Lotta contro l’Aids, nata nel 1985, è stata riconosciuta ente morale nel 1988 e organizzazione non lucrativa di utilità sociale nel 1998. Collabora con il Servizio Sanitario Nazionale, l’Istituto Superiore di Sanità, le università e gli istituti di ricerca, con enti e associazioni di volontariato e offre servizi informativi, di counseling telefonico, di assistenza e consulenza psicologica, legale, sociale e medica.
Fiorenza Pozzi Crespi, presidente di Anlaids Onlus, intervistata per Salute Italia.
Come nasce Anlaids e con quale scopo?
Anlaids è stata fondata nel 1985 per volontà di un gruppo di medici infettivologi, immunologi, virologi e ricercatori spinti dalla necessità di fronteggiare quello che all’epoca fu un fenomeno assolutamente inaspettato e deflagrante: l’insorgere dell’infezione da HIV, il virus dell’AIDS che nel giro di pochissimi anni fece un gran numero di vittime, una vera pandemia. Da qui la nostra missione di lotta all’Aids a 360 gradi.
In che modo vengono promossi studi e ricerche sull’Aids?
Sin dal 1986 vengono bandite borse di studio e viene effettuato il Convegno Nazionale Aids e sindromi correlate, per fornire dettagliate informazioni che provenivano dalle conferenze mondiali (Atlanta 1985, Parigi 1986, Washington 1987, Stoccolma 1988, Montreal 1989). Importantissima per l’Anlaids fu la conferenza del 1991 tenutasi a Firenze, la prima in Italia, presieduta dal professor Giovan Battista Rossi che istituì il primo progetto nazionale Aids, alla cui memoria Anlaids, ogni anno, istituisce un cospicuo premio scientifico. Inoltre, operiamo l’iscrizione di giovani medici a vari congressi e/o corsi di formazione su argomenti come: studio sul virus, modalità di trasmissione, farmaci efficaci, ricerche internazionali, ecc.
Su cosa si basano le campagne di prevenzione e di educazione alla salute?
La scoperta di un virus che azzerava la capacità medica di combatterla ha creato panico. Si sono voluti colpevolizzare pesantemente gruppi sociali facendo rinascere paure e pregiudizi tuttora irrisolti. Prevenire il virus significa controllare i propri comportamenti profondamente radicati, a seconda del proprio stile di vita. Responsabilizzarsi effettuando un test, usando il profilattico, eventualmente azzerando il proprio passato per affrontare una stabile vita di coppia e una gravidanza. Educazione alla salute significa un check up annuale consigliato dal proprio medico di base, un corretto e consapevole stile di vita sessuale, un corretto stile di vita alimentare, non affidandosi a fonti incompetenti.
In cosa consistono le attività di cooperazione allo sviluppo in favore delle popolazioni del terzo mondo?
Significa affrontare, con rispetto e responsabilità, la conoscenza del paese e collaborare con le istituzioni in loco per sviluppare: l’istruzione, abbattere lo stigma, promuovere stili di vita consapevoli, attivare un sistema di auto aiuto e micro credito con i gruppi locali. E ancora, attivare la formazione del personale sanitario, educazione all’igiene e all’aderenza alla terapia sovente rivolto alle donne gravide e ai futuri nascituri. Le più recenti campagne ANLAIDS sono state: la maratona 2008 inerente al progetto “Mingha” (il mio bambino); il progetto di prevenzione della trasmissione materno – infantile di HIV nelle zone rurali del Camerun Occidentale, in collaborazione con il Policlinico Umberto I di Roma, progetto tra l’altro tuttora in corso; la maratona 2009 inerente al progetto “Djitu Ten” (Si può) “Nascere sano è un diritto di tutti i bambini” in Guinea Bissau, interrotta a causa di guerra e recentemente riattivata, in collaborazione con l’ospedale Sacco di Milano.
In base alla vostra esperienza, come negli ultimi anni è cambiato l’approccio verso la malattia e verso le persone che ne sono affette?
La lotta allo stigma è pari alla difficoltà della prevenzione: purtroppo poco è cambiato, a cominciare a volte dal personale sanitario per finire alla vita lavorativa e di relazione. Impera la paura del contagio e il giudizio morale o la falsa bonomia di difendere la persona HIV+ togliendosela di torno.
Qual è il ruolo dei volontari e quanto sono indispensabili per le vostre attività?
L’attività dei volontari è fondamentale nelle diverse situazioni associative. Al volontario va data una formazione mirata, va trasmessa la mission dell’associazione, va data la dovuta importanza e riconoscimento morale. Porto alcuni esempi: assistenza in ospedale, come amico disponibile a dare compagnia o piccoli servizi; accompagnamento al day hospital come aiuto psicologico per affrontare il test o il suo risultato; attività nei luoghi di aggregazione per distribuire materiale informativo e per la raccolta di eventuali contributi per l’attività dell’associazione dandone ricevuta e relativa informazione; risposte telefoniche appropriate, alle domande generalmente inerenti il virus, il test, il periodo finestra oppure informazioni su pensioni, lavoro o discriminazione, richieste di aiuto morale o materiale. Non ultimo volontariato è il consapevole contributo intellettuale degli organi statutari dove tutti noi siamo volontari.
Cosa rende possibile l’attività dell’Anlaids?
Le iscrizioni dei soci, il sostegno delle aziende in progetti mirati di social responsability, il contributo delle istituzioni nazionali preposte che, con il nostro lavoro, finanziano progetti necessari per la lotta all’aids, ufficialmente monitorati e rendicontati. Inoltre, campagne pubbliche di raccolte fondi mai disgiunte da materiale informativo di prevenzione e di comunicazione sullo stato dell’arte dell’infezione da HIV.
Un invito ai lettori affinché scelgano Anlaids per donare il 5×1000 nella prossima dichiarazione dei redditi.
Brevi frasi convincenti:
- Guardati dai virus regalàti per sempre.
- Pensi che l’aids non ti riguardi?
- Ti amo da vivere.
- Diritto di tutti i bambini di nascere sani.
- Donazione gratuita e positiva.
Riferimenti:
www.anlaids.org
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