Le Distrofie Muscolari di Duchenne (DMD) e Becker (DMB) sono due varianti, rispettivamente più e meno grave, della stessa malattia neuromuscolare caratterizzata dall’assenza, carenza o alterazione di una proteina chiamata distrofina, causata dall’alterazione di un gene localizzato sul cromosoma X.
Si tratta di una malattia rara presente fin dalla nascita, che colpisce 1 bambino su 3.500, solitamente di sesso maschile. Le femmine, infatti, a parte alcune eccezioni, risultano essere portatrici sane, perché possiedono un altro cromosoma X oltre a quello mutato, che può quindi compensarne le funzioni. Nel 30% dei pazienti vi è un’anamnesi familiare negativa e si ritiene che in questi casi avvenga una mutazione spontanea del cromosoma.
La prevalenza della DMD è di uno su 3.300 neonati vivi maschi, 150-200 casi all’anno, mentre la prevalenza della DMB varia tra uno su 18.000 /31.000 neonati vivi maschi. In Italia le persone affette da questa patologia sono oltre 5.000.
La causa, come accennato, è un’alterazione di un gene localizzato sul cromosoma X che contiene le informazioni per la produzione di una proteina: la distrofina. La mancanza di distrofina induce la membrana cellulare a diventare permeabile ad alcune sostanze, causando nel tempo una sorta di esplosione della cellula stessa e, quindi, la sua morte. Il contenuto di queste cellule morte viene riversato all’esterno, stimolando il sistema immunitario che provvede alla “ripulitura” di una zona del muscolo anche più estesa di quanto necessario, con la conseguenza di generare un danno ancor più grave di quello iniziale. Il “vuoto” creatosi nel muscolo viene sostituito con tessuto connettivo, ma questo incrementa il danno del muscolo e favorisce il deterioramento delle cellule ancora sane. Tale processo si ripete in maniera costante fino a che tutte le fibre muscolari non sono morte.
Nella DMD, la distrofina è del tutto assente ed è presente un tipico ingrossamento (ipertrofia) dei polpacci. Man mano che la malattia progredisce vengono coinvolti i muscoli respiratori e il cuore e sono proprio le complicanze cardiache e respiratorie a ridurre l’aspettativa di vita di questi pazienti. In alcuni casi ci può essere un deficit cognitivo, di entità molto variabile.
Questa patologia si manifesta solitamente tra i 2 e i 6 anni e peggiora nel tempo, provocando un indebolimento sempre più marcato dei muscoli, fino ad arrivare alla loro contrattura e all’alterazione della colonna vertebrale.
Dopo i 12 anni, quasi tutti i pazienti diventano completamente inabili.
Nella DMB, la distrofina è invece ridotta o alterata, ma mai assente. A livello motorio, le manifestazioni di questa forma ricalcano quelle della DMD, ma in forma più lieve e con esordio più tardivo. Le complicazioni cardiache costituiscono il problema principale: se vengono riconosciute e curate in tempo, l’aspettativa di vita di questi pazienti può essere del tutto normale.
La distrofia di Duchenne viene di solito riconosciuta intorno al terzo anno di vita, ma almeno la metà dei pazienti presenta i primi segni della malattia prima che inizi la deambulazione, quali incapacità di camminare o correre, quando solitamente queste funzioni avrebbero già dovuto essere acquisite, e cadute frequenti.
La malattia colpisce inizialmente i muscoli profondi delle cosce e delle anche, provocando un’andatura dondolante. I bambini tendono a camminare sulle punte, hanno difficoltà a rialzarsi da terra, a saltare, a salire le scale, camminando si stancano con facilità e, di solito, non riescono ad andare in bicicletta. Col tempo, man mano che le cellule muscolari muoiono, è tipico lo sviluppo di una posizione “lordotica” che tende a bilanciare la debolezza dei muscoli pelvici portando avanti la pancia. Un aspetto da tenere sotto controllo è, quindi, l’eccessiva o asimmetrica curvatura della spina dorsale.
Il modo particolare con cui il bambino distrofico si alza da terra o dalla posizione seduta, il cosiddetto segno di Gowers, può aiutare il medico a riconoscere presto questa malattia. La diagnosi utilizza la valutazione della quantità di creatin-chinasi (CPK), l’enzima che normalmente è presente solo nel muscolo, ma che viene trovato nel sangue quando esiste un danno muscolare. Due accertamenti più precisi sono: la biopsia muscolare, che verifica la presenza di fibre danneggiate e consente di valutare la distrofina, e la diagnosi molecolare che, con un semplice prelievo di sangue, permette di stabilire con esattezza se e dove esistano alterazioni del gene per la distrofina.
Non esiste nessun tipo di trattamento, gli unici interventi possibili mirano al recupero e al mantenimento della motilità, con fisioterapia e apparecchi ortopedici sino alle sedie a rotelle. Tuttavia sono in corso diverse sperimentazioni che hanno raggiunto, in vari casi, il test sull’uomo.
Se in una famiglia ci sono casi di DMD, grazie alla consulenza genetica è possibile conoscere con precisione il rischio di trasmettere ai propri figli la malattia mediante il dosaggio della creatin-chinasi nel sangue e attraverso l’analisi del DNA. Mentre, con la diagnosi molecolare, effettuata su campioni di villi coriali e di liquido amniotico, si può accertare se il feto è affetto da questa patologia.
Negli ultimi anni, in Italia, l’associazione Parent Project Onlus ha realizzato il Registro Pazienti dedicato alla Distrofia Muscolare di Duchenne e Becker (DMD/BMD) con lo scopo di raccogliere dati e disseminare informazioni necessarie ad accelerare la definizione di nuovi approcci clinici e terapeutici per tale malattia. Il Registro è, altresì, un importante strumento per la progettazione e la realizzazione di sperimentazioni cliniche a livello internazionale ed è estremamente apprezzato come fonte preziosa di informazioni affidabili e aggiornate per tutta la comunità Duchenne e Becker.
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