I legumi, insieme ai cereali, sono stati da sempre alla base dell’alimentazione umana. Essi sono alimenti che vantano un notevole e peculiare valore nutritivo, tanto da costituire da soli uno dei sette gruppi fondamentali in cui sono suddivisi gli alimenti. Fagioli, fagiolini, piselli, fave, lenticchie, ceci e soia appartengono alla famiglia delle Leguminose, a loro volta sottofamiglia delle Papilionacee.
Per un lungo periodo questi sono stati considerati un alimento umile, definito “la carne dei poveri”, ed è stato consumato solo dalle classi meno abbienti; certe recriminazioni, del resto, ancora persistono tanto che alcuni, fino a poco tempo fa, evitavano il consumo di legumi perché ritenuti di difficile digestione e causa di disturbi intestinali, come il meteorismo. La causa di quest’ultimo va ricercata, piuttosto, nella presenza nei legumi stessi di particolari carboidrati (raffinosio, stachiosio e verbascosio) che non vengono allontanati con la cottura e non possono essere digeriti, in quanto nel nostro intestino mancano gli enzimi specifici in grado di attaccare tali molecole. Queste, tuttavia, sono degradate ad opera della flora batterica intestinale, con produzione di gas.
Negli ultimi anni, invece, le ricerche nutrizionali, mediche e tecnologiche che ne hanno sottolineato anche certi aspetti terapeutici, hanno comportato una rivalutazione dei legumi, definendone meglio i modi e i tempi di cottura e i metodi di utilizzazione. Inoltre, ne hanno evidenziato la capacità di fissare l’azoto atmosferico, indispensabile nella sintesi delle proteine, grazie alla presenza nelle loro radici dei tubercoli, piccoli ingrossamenti rotondeggianti formati da ammassi di microrganismi. E grazie a tale proprietà, i legumi sono i vegetali più ricchi di sostanze proteiche.
I legumi possono essere consumati sia freschi che secchi: quelli freschi contengono una maggiore concentrazione di acqua e una minore concentrazione di elementi nutritivi rispetto a quelli secchi, per cui le percentuali di sostanze proteiche contenute variano dal 25 al 40%. Le proteine dei legumi apportano una discreta quantità di alcuni aminoacidi essenziali (come lisina, treonina, valina e triptofano) il cui valore nutritivo è superiore a quello delle proteine derivanti dai cereali, ma inferiori a quelle animali. L’associazione di cereali o loro derivati (pane, pasta, riso, ecc.) con i semi di leguminose, tipica di tanti piatti tradizionali della cucina mediterranea, mette a disposizione dell’organismo una miscela proteica il cui valore biologico è paragonabile a quello delle proteine animali.
Principalmente allo stato secco, i semi di leguminose contengono una discreta quantità di ferro, fosforo, calcio, potassio, magnesio per quanto riguarda i sali minerali, mentre quelle appartenenti al gruppo B (B1, B2 e niacina) e C per quanto concerne le vitamine. I legumi, con l’eccezione della soia, contengono solo il 3% di lipidi, ossia grassi, generalmente polinsaturi, mentre elevato è il contenuto in fibra alimentare, sia di quella insolubile (soprattutto cellulosa, localizzata prevalentemente nella buccia esterna) capace di regolare le funzioni intestinali, sia di quella solubile, capace di collaborare al controllo dei livelli di glucosio e di colesterolo nel sangue.
I disturbi legati al loro consumo, soprattutto l’eccessiva produzione di aria nell’intestino e l’indigeribilità, possono essere evitati se i legumi vengono passati col passaverdure, e quindi privati della pellicola esterna, consumati in dosi non eccessive e cotti in maniera idonea: né troppo né molto. Molti sono infatti i fattori che ne influenzano la digeribilità e la buona assimilazione: la cottura, la preparazione, l’unione con altri amidacei, una cattiva masticazione, il loro consumo associato a troppi grassi o alcool, una preparazione incompleta prima della cottura.
E’ bene mettere in ammollo i legumi almeno 12/24 ore prima della cottura per renderli più digeribili e cambiare l’acqua almeno 3 o 4 volte. I tempi di ammollo variano a seconda del tipo di legume: si va dalle 24 ore delle fave intere con la pelle, alle 12 ore delle fave sgusciate, alle 8 ore dei borlotti, alle 6 ore dei cannellini fino all’ora dei fagioli mung e delle lenticchie. Per le lenticchie ci sono scuole molto differenti che spaziano dalle 12 a nessuna ora di ammollo. Per i ceci i tempi variano a seconda della stagione: considerando che essi vengono raccolti tra settembre e giugno, in autunno richiedono un ammollo di 8 ore, in inverno di 12, in primavera di 18 in estate di 24. Nessun ammollo serve per le lenticchie decorticate ed i piselli spezzati. E’ consigliabile, inoltre, aggiungere un pizzico di bicarbonato all’acqua di ammollo o cottura per ammorbidirli meglio.
La cottura più lunga è richiesta dalle fave intere (5-6 ore), poi ci sono i ceci (3-4 ore) ed a seguire i fagioli (2-3 ore), le lenticchie (1-2 ore) ed i fagioli mung (40 minuti-1 ora).
Una volta messi a cuocere, fate salire lentamente la temperatura e lasciate sobbollire a fuoco lento. Infine, è bene salare solo verso la fine della cottura perché il sale indurisce la pelle e i legumi stessi.
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