Con la dottoressa Paola Abrate, Psicologa – Psicoterapeuta, affrontiamo, tra l’altro, due temi fondamentali che riguardano altrettanti tappe importanti nella vita di ogni individuo: l’età evolutiva, con i suoi disturbi anche nell’apprendimento, come prevenirli e soprattutto come comprenderli, e la maternità, con i disagi scatenati dalla nuova condizione per la donna- mamma tra cui la depressione post partum.
Che cos’è la Psicoterapia Cognitiva?
La psicoterapia cognitiva è uno tra i tanti approcci di intervento sui disturbi psicologici, che si basa su alcuni principi teorici, da cui si articolano i presupposti strategici per affrontare il disagio di un paziente. All’interno dell’approccio cognitivista, in realtà, ci sono tante “sotto-famiglie” che enfatizzano in modo più rilevante determinati elementi teorici, ma in linea generale si può dire che l’aspetto principale è la stretta relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti di una persona, di conseguenza lo stare male viene visto come una diretta conseguenza del modo in cui “leggiamo” ciò che accade intorno a noi e del modo di affrontare le situazioni di ogni giorno.
A cosa viene data importanza nella Psicoterapia Cognitiva?
Viene data molta importanza al modo personale di dare significato agli eventi: abbiamo bisogno di dare significato a ciò che accade intorno a noi per organizzare l’esperienza e per non farci sopraffare dalla vastità degli stimoli che ci bombardano quotidianamente, e impariamo a farlo in primis tra le braccia dei nostri genitori, che con le loro reazioni, il loro atteggiamento verso la realtà, verso i figli, verso le emozioni, ci trasmettono una modalità di leggere il mondo. Altre esperienze significative possono trasformare o arricchire questa modalità di attribuire senso alla realtà, ad esempio altre figure significative come i nonni, gli insegnanti, gli amici. Quando la lettura del mondo è troppo rigida, allora si manifestano i disturbi psicologici: la psicoterapia cognitiva aiuta il paziente a riconoscere e comprendere la sua modalità di funzionare ed attribuire significato agli eventi, non tanto per trovare dei criteri di verità più adeguati, ma per arricchire la propria “trama narrativa”, riconoscendo i temi critici e trovando modalità alternative di affrontare gli eventi.
Età Evolutiva, quali sono i problemi che più spesso riscontra nei pazienti più piccoli?
È difficile stabilire una prevalenza rispetto alle tipologie di problematiche più frequenti: ogni bambino esprime il suo disagio in base al suo modo di funzionare e al suo rapporto con i genitori. Se partiamo dal presupposto che il problema psicologico del bambino ha una sua precisa funzione di comunicare qualcosa di importante al suo ambiente, certo si tratta di una comunicazione disfunzionale, ma probabilmente è in quelle date circostanze l’unico canale possibile per esprimersi. Quello che, invece, molto spesso è alla base delle varie tipologie di problemi nell’età evolutiva (e non solo!) sembra essere una difficoltà nella gestione e regolazione delle emozioni: il bambino che sta male prova delle emozioni molto intense che non sa come canalizzare, allora alcuni manifestano disturbi della condotta, altri disturbi d’ansia, altri ancora somatizzano queste emozioni traducendole in mal di pancia, enuresi notturna, ecc. Per queste ragioni sarebbe molto importante diffondere in modo più radicale la cultura dell’educazione alle emozioni, partendo dal canale più importante che è proprio la famiglia.
Disturbi dell’apprendimento, come accorgersene?
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento possono riguardare un ambito specifico, come lettura, scrittura o calcolo, anche se spesso è molto frequente che questi deficit siano associati tra loro, ad esempio disturbo di lettura e di scrittura. Partendo dal fatto che queste difficoltà hanno come base un assetto neuropsicologico particolare che rende difficoltoso l’apprendimento delle abilità di lettura, scrittura e calcolo, già nelle primissime fasi in cui il bambino comincia ad approcciarsi a queste abilità, si posso individuare dei segnali, seppur tenendo sempre presente le differenze individuali nello sviluppo cognitivo e percettivo e avendo sempre l’accortezza di contestualizzare questi elementi. Tra i segnali che potrebbero indicare la presenza di un disturbo dell’apprendimento se ne possono citare alcuni in ambito percettivo:
- seguire oggetti o figure in movimento
- eseguire consegne plurime o messaggi lunghi
- ascoltare una storia (il bambino si distrae facilmente)
- ripetere una breve storia o individuare i personaggi principali di una storia
- essere pertinenti ad un contesto
- memorizzare il nome dei colori e usare il colore in modo appropriato
e alcuni in ambito psicomotorio:
- postura goffa
- atteggiamenti maldestri
- non riuscire a tenere fra due dita il pennarello o le posate
- problemi a disegnare, allacciare, abbottonare, lavarsi, vestirsi, calciare, afferrare, portare un oggetto
- problemi a stare dentro un contorno
- problemi a rappresentare lo schema corporeo e la realtà
- problemi a orientarsi nello spazio inteso come foglio e ambiente
- problemi a controllare le emozioni: scoppi di pianto improvvisi, aggressività, fuga o tendenza ad isolarsi
- problemi a seguire le regole, a giocare in gruppo, tendenza al gioco parallelo.
Quali sono i punti cardini sui quali si basa la prevenzione e la cura di tali disturbi?
La prevenzione riguarda sostanzialmente la possibilità di effettuare degli screening a livello prescolare, in tal modo seguendo fin dalle prime fasi dell’apprendimento di lettura e scrittura con strategie e percorsi opportuni si hanno le migliori probabilità di successo nell’aiutare il bambino. È importante un atteggiamento interessato e attento del genitore e degli insegnanti che possono individuare alcuni segnali d’allarme e quindi approfondire l’origine di questi aspetti. Rispetto al trattamento di questi disturbi, occorre sottolineare che essi hanno una base che dipende da fattori congeniti e quindi non “guaribili” nel senso classico del termine. Tuttavia, nella maggior parte dei casi e in base alla gravità, si possono avere dei miglioramenti significativi con adeguati interventi abilitativi e corrette procedure educative. Da questa premessa ne deriva che lo scopo di un trattamento deve favorire la migliore evoluzione possibile delle competenze in esame, deve fornire strumenti e strategie per poter apprendere attraverso strade alternative a quella deficitaria (ad esempio l’uso della calcolatrice per i discalculici), gestire nel modo migliore la situazione di difficoltà, anche da un punto di vista emotivo e supportando la famiglia nella comprensione di questo disturbo per non cadere nell’errore di giudicare negativamente il proprio figlio o etichettandolo come “bambino svogliato”. Sono inoltre molto importanti anche gli interventi di tipo metacognitivo, che servono per aiutare i soggetti a prendere consapevolezza delle loro difficoltà e a gestirle in modo più efficace e strategico.
Maternità: uno scorcio di vita che insieme racchiude sentimenti contrastanti.
La maternità è davvero un cocktail di sentimenti contrastanti! Si danno per scontate le emozioni intense e positive di questo momento così particolare e unico della vita di una donna, perché è la realizzazione di un desiderio per cui magari si è lottato, per molti è il completamento della coppia, per altri è un percorso ad ostacoli che diventa quasi miracolo. Quindi tutto questo lottare per avere un bambino è in linea con la bellezza e dolcezza della maternità, dolcezza che scaturisce dalle fattezze stesse del bambino. Spesso però non si tiene conto che la maternità, oltre ad essere tutto questo, è anche un cambiamento senza pari nella vita, nel corpo, nelle sensazioni di una donna e per chi ha difficoltà nell’affrontare i cambiamenti, questo può già essere un primo ostacolo. La donna può non sentirsi più padrona del proprio corpo, un corpo che cambia, si trasforma, diventa goffo e nel quale cresce una nuova vita. E anche le emozioni seguono strade meno conosciute, ci si emoziona per aspetti che magari prima ci lasciavano indifferenti, oppure ci si irrita per delle sciocchezze. E di nuovo torna il tema della perdita di controllo su di sé, cosi come accade soprattutto dopo la nascita del bambino, quando non ci si sente più padrone del proprio tempo, dei propri spazi, più in generale della propria vita. Infine il fatto stesso di sentire dentro di sé delle emozioni contrastanti, ad esempio l’aver desiderato tanto un figlio per poi trovarsi a non saper gestire la responsabilità di crescerlo, porta la donna a sentirsi confusa, a chiedersi cosa sta succedendo e a rendere a volte complicato questo momento così unico dell’esistenza.
Depressione post partum: come riconoscerla e affrontarla?
Quando nasce un bambino, nasce anche una madre, che necessita di sostegno e di contenimento affettivo allo stesso modo del piccolo che ha generato. La maternità è sicuramente uno dei più radicali cambiamenti di ruolo che possa vivere una donna, ma la presa di coscienza intorno a questo problema è piuttosto scarsa e l’interesse al periodo del post-partum si concentra intorno ai consigli per accudire il neonato o all’allattamento, piuttosto che agli aspetti relazionali della diade madre – figlio e alle emozioni ed ai sentimenti della neomamma. Dai primi giorni dopo il parto fino a oltre i 12 mesi di distanza, si collocano tre livelli di depressione, differenti per tipologie e gravità della sintomatologia manifestata.
- “Baby blues” o “post-partum blues”: definito anche “lacrime da latte”, ha un’incidenza che supera il 70% e si manifesta nei giorni successivi al parto per risolversi normalmente entro le prime due settimane grazie al sostegno dei familiari.
- Depressione post-partum: ha un’incidenza del 20-25%; sono più a rischio le mamme adolescenti, che non hanno ancora raggiunto un livello di maturità psichica sufficiente a sostenere l’evento, e le ragazze-madri, non tanto per la paura del “giudizio” morale della società, ma perché non possono contare sul supporto del partner e/o non hanno una sufficiente autonomia economica. All’origine c’è quasi sempre un mix delle due componenti psichiche e biologiche dell’essere umano a cui va aggiunto un terzo fattore: il contesto ambientale/familiare. Incidono poi situazioni più gravi, come i disturbi della personalità e l’abuso di alcol e droghe.
- Psicosi puerperale: ha, fortunatamente un’incidenza molto bassa, 0.1-0.2% e si caratterizza per la presenza di sintomi psicotici quali distorsioni della realtà, manie, ossessioni, disorientamento; si assiste alla presenza di pulsioni infanticide, anche se è molto rara la messa in pratica.
Per queste ultime due tipologie è importante ma non sufficiente il sostegno familiare: occorre rivolgersi agli specialisti per un trattamento psicoterapeutico e/o farmacologico.
Lei organizza incontri gratuiti per fornire ai genitori nuovi strumenti educativi per i loro figli. Può darci un’anticipazione?
Gli incontri che organizzo sono focalizzati sul tema dell’educazione affettiva e sessuale dei figli: spesso è una tematica che “spaventa” le mamme e i papà quando si sentono rivolgere domande imbarazzanti, perché si è impreparati sulle parole da scegliere, sull’atteggiamento da avere di fronte a questa tematica, che invece dovrebbe essere una tra le tante priorità educative, alla pari dell’educazione alimentare, dell’educazione alla pulizia, ecc. Il primo elemento da tenere presente, ancora al di là del contenuto da trasmettere ai figli, riguarda proprio il modo di relazionarsi di mamma e papà, che con il loro esprimersi emozioni, farsi una carezza e rispettandosi reciprocamente forniscono in modo naturale una prima lezione di educazione sessuale, fornendo in modo implicito un modello di relazione. Vengono poi date delle indicazioni rispetto ai contenuti da trasmettere rispetto alla temuta domanda del bambino che vuole sapere come nascono i bambini: ciò dipenderà prima di tutto dall’età del bambino, se piccolo è necessario essere molto concreti e restare su un piano molto pratico, perché da piccoli le capacità cognitive si basano sulla concretezza. Invece con gli adolescenti il discorso può essere affrontato in modo più astratto e puntando di più sugli aspetti emotivi.
Riferimenti:
Dottoressa Paola Abrate
Psicologa – Psicoterapeuta Consulente in Sessuologia
Studio Privato: Via Torino, 194 Brandizzo (TO) – Tel. 349.0625150
Sito: www.cliccapsicologo.it
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