Interviste|21 febbraio 2012 19:14

Disturbo bipolare, ansia e depressione, come combatterli

Il dottor Lorenzo Bertinelli, psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale, vede la psicologia come una scienza tesa, da un lato, a sviluppare teorie riguardanti i processi comportamentali e le dinamiche relazionali, dall’altro capace di dare risposte concrete e strumenti fruibili a tutti coloro che ne hanno bisogno. Nel corso dell’intervista gli argomenti affrontati sono: la psicoterapia cognitiva comportamentale, i disturbi dell’umore e dell’evoluzione, stress e crisi d’ansia.

Quali sono le maggiori differenze tra la terapia cognitivo-comportamentale e le altre forme di psicoterapia?
La psicoterapia cognitivo-comportamentale è la sola forma di terapia evidence-based; questo significa che, sia i fattori che vengono presi in considerazione nell’inquadramento del disturbo, sia gli strumenti clinici che vengono utilizzati, sono stati oggetto di trial clinici molto rigorosi, proprio come accade nella sperimentazione farmacologica dell’ambiente medico (molti degli stessi psicofarmaci oggi in commercio, riportano all’interno del bugiardino l’indicazione clinica di utilizzo consigliato in associazione ad una terapia cognitivo-comportamentale). A differenza di altre forme di terapia clinica, questa si basa essenzialmente sulla relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti, tutti elementi direttamente e indirettamente osservabili, sui quali è possibile agire senza doversi basare su interpretazioni o altri strumenti sui quali sarebbe difficile avere un’adeguata accuratezza scientifica. Partendo dal presupposto che i maggiori disturbi psicologici derivano da pensieri irrazionali e comportamenti inadeguati che contribuiscono a rafforzarli all’interno di circoli viziosi sempre più stretti, l’obiettivo della terapia cognitivo-comportamentale è quello di rompere tali circoli, valutando l’irrazionalità dei primi, e modificando i secondi.

Quando, secondo lei, una persona deve rivolgersi allo specialista per affrontare una serie di problematiche legate alla sfera comportamentale?
Innanzitutto sfatiamo un mito: tutte le forme di disagio psicologico sono primariamente connesse con quella che definiamo la sfera comportamentale, per la semplice ragione che noi quotidianamente interagiamo con il mondo esterno, e dunque il disagio emotivo influenza fortemente tale interazione. Avere ansia o un umore depresso significa prima di tutto evitare alcune azioni, modificarne altre, o metterne in atto altre ancora, magari fino a quel momento sconosciute. Dunque, l’aspetto comportamentale è spesso il primo indicatore di disagio; se ci accorgiamo che le nostre scelte si fanno sempre più limitate, che non riusciamo più ad esprimere a pieno le nostre potenzialità nella vita lavorativa, scolastica e sociale, allora quello è il momento di prenderci uno spazio di riflessione per capire meglio quello che ci sta accadendo.

Disturbi dell’umore. Quali sono e come riconoscerli?
Le diverse forme di disturbi dell’umore comprendono il disturbo distimico, quello maniacale e ipomaniacale, quello bipolare, e ovviamente, il disturbo depressivo. Mentre il disturbo maniacale “puro” e quello bipolare sono di maggiore interesse psichiatrico, essendo caratterizzati da un’alterazione dell’equilibrio del tono dell’umore spesso così marcato e pericoloso per il paziente da necessitare primariamente di terapie farmacologiche non di rado all’interno di strutture adeguate, la depressione è senza dubbio di maggiore rilevanza clinica per la salute pubblica. Tale disturbo, infatti, è una delle forme di psicopatologia oggi più diffuse, con un “tasso di crescita” che pare in aumento. Non sempre, tuttavia, il disturbo depressivo è facilmente diagnosticabile, essendo caratterizzato da molti sintomi differenti tra loro. Oltre ad una marcata riduzione del tono dell’umore, infatti, vi possono essere perdita di energia o di interesse, pensieri negativi su sé stessi e sul futuro, pessimismo, una forte tendenza all’autocritica, difficoltà a dormire o eccessiva sonnolenza, troppo appetito o la totale mancanza di esso. A volte può accadere che la persona non si renda neppure conto di essere depressa; vi è soltanto una continua sensazione di noia e di apatia, spesso sottovalutati o semplicemente etichettati con fattori di stress.

Quali sono i disturbi dell’evoluzione che più spesso deve affrontare? Quali consigli darebbe ai genitori per affrontare serenamente tali problematiche?
Senza dubbio i disturbi dell’apprendimento sono oggi i disturbi evolutivi di maggiore impatto clinico; difficoltà di lettura, di calcolo o di scrittura possono, infatti, limitare fortemente l’inserimento scolastico del bambino e la costruzione di un’autostima adeguata. Spesso questi disturbi, di prognosi assolutamente favorevole, vengono sottovalutati sia dai genitori che dagli insegnanti, che leggono nelle scarse prestazioni degli alunni un’inadeguata attenzione allo studio piuttosto che potenziali spie di deficit psicologico. Quando si evidenzia la presenza di un disturbo di questo tipo, i genitori non devono allarmarsi, né trattare il figlio da “malato” o “diverso”; nella maggior parte delle situazioni, infatti, una breve terapia psicologica che affronti sia i deficit prestazionali, sia i vissuti emotivi ad essi sottostanti, è sufficiente per superare il problema in maniera significativa. È importante che essi riescano a costruire un contesto di cooperazione tra la scuola e lo specialista, strumento fondamentale per la buona riuscita dell’intervento stesso.

Crisi di ansia, un pericolo sempre in agguato. Come possono essere affrontati, e soprattutto, come possono essere prevenuti?
L’ansia è una risposta fisiologica comune a tutti gli organismi viventi; essa può, infatti, essere definita come una “preparazione all’azione”. In contesti di pericolo o nei quali è necessario lottare, l’ansia dunque è una preziosa alleata; e pur non vivendo più, oggi, in mezzo ad animali feroci, è ancora molto utile per la nostra sopravvivenza. Senza ansia non andremmo al lavoro, non pagheremmo le bollette, non andremmo a prendere i figli a scuola, e non riusciremmo neppure ad attraversare la strada incolumi. L’ansia diventa “pericolosa” quando si slega dalle situazioni realmente vissute, quando cioè diventa puramente anticipatoria, facendoci prevedere catastrofi terribili alle quali non possiamo far fronte in alcun modo. E dunque diventano un limite invalicabile per la nostra vita. Uno degli strumenti maggiormente usati nella terapia cognitivo-comportamentale per affrontare i problemi d’ansia è quello della “ristrutturazione” dei pensieri catastrofici, associata ad un’esposizione graduale alle situazioni temute. In questo modo è possibile osservare l’irrealtà di molti interpretazioni terrificanti del presente e del futuro, riuscendo a riprendere attività e comportamenti prima evitati, e a vivere nuovamente situazioni prima rifuggite.

Che cos’è lo stress e qual è il modo migliore di affrontarlo e prevenirlo?
Lo stress ha avuto numerosi definizioni in questi ultimi anni, essendo diventato ormai parte integrante della nostra quotidianità. Ma ecco la definizione che a mio parere ne rende meglio il significato: il tentativo di risolvere problemi che non hanno alcuna soluzione. Il cervello umano è una perfetta macchina capace di riconoscere le discrepanze tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere o che è stato. E non appena trova una di queste discrepanze, inizia a pensare ad una soluzione immediata per poterla “risolvere”. Quando questo non è possibile, tuttavia, il processo non si interrompe, sviluppando la cosiddetta ruminazione, ossia la tendenza a pensare continuamente alla stessa situazione, producendo la conseguenza di renderla ancora più soverchiante e disagevole. Uno degli strumenti clinici più innovativi degli ultimi anni per affrontare e disinnescare il circolo vizioso dello stress è la mindfulness. Sviluppata nell’alveo delle terapie cognitive-comportamentali, essa definisce un vero e proprio percorso attraverso il quale modificare la relazione stessa con i propri pensieri e le proprie emozioni, mantenendo un contatto con il presente, e dunque non affogando nelle quotidiane ruminazioni mentali. La mindfulness ci permette di vedere i nostri pensieri come semplici prodotti della mente, come interpretazioni spesso fallaci della realtà, e non come la realtà stessa.

Quale consiglio darebbe agli internauti che cercano in rete la risoluzione a problematiche mediche, sia lievi che complesse?
Il consiglio più importante che posso dare è quello di non fermarsi alla prima informazione trovata; essere tra i primi risultati di un motore di ricerca, non sempre è indice di adeguatezza scientifica. E, altro aspetto importante, concentrarsi soltanto su articoli e siti che riportano le generalità dei professionisti che scrivono, in modo da poterne controllare i curriculum formativi e professionali. Troppo spesso, sulla rete e non solo, vi sono troppi individui (mental coach e affini) che, senza alcuna preparazione scientifica, promettono cambiamenti e miglioramenti di vita irrealistici, ovviamente dietro pagamento di carissimi corsi e workshop in giro per l’Italia. Diffidate sempre da chi vi promette cose che non possono essere ragionevolmente mantenute; e non fermatevi mai alle sole informazioni trovate sulla rete. Internet può essere un ottimo strumento per aprire una porta di conoscenza; ma non può sostituire una vera relazione terapeutica, sia essa con la propria famiglia, il medico o uno psicologo.

Riferimenti:
Dottor Lorenzo Bertinelli
Psicologo e Psicoterapeuta
Studio privato in Parma: via Emilio Lepido, 6 - Telefono: 0521.282635
Sito: www.ipercorsidellamente.it

Tag:
  • Condividi:
  • Facebook
  • Twitter
  • Delicious
  • Digg

Commenti

Collegati

I commenti degli utenti non registrati vengono pubblicati dopo essere stati verificati.