Il termine depressione indica una condizione patologica caratterizzata da tristezza, stanchezza persistente, perdita di interesse per qualsiasi attività e per la vita stessa in generale. Quest’ultima, infatti, non offre più alcun piacere, tutto sembra difficile e faticoso e questo stato d’animo perdura nel tempo fino a rendere impossibile il lavoro e, addirittura, i rapporti interpersonali.
La depressione colpisce ogni anno circa 100 milioni di persone nel mondo ed è una delle malattie più frequenti. Rappresenta in alcuni parti del mondo, quali l’Europa e gli Stati Uniti, la seconda causa di invalidità dopo le malattie cardiovascolari ed è più comune nel sesso femminile, sia in età adolescenziale che adulta, rispetto a quello maschile.
Generalmente è molto comune in relazione a situazioni di difficoltà esistenziali o di lutto e, quando è transitoria, deve essere considerata normale. Se invece i sintomi caratteristici persistono per diversi mesi e si associano a sensi di colpa, frustrazione e di scarsa autostima si ha a che fare con una vera patologia depressiva. Nel soggetto affetto da depressione, inoltre, si evidenziano anche altri sintomi, quali disturbo del sonno o nell’alimentazione, come l’anoressia o la bulimia.
La depressione può avere un esordio lento o acuto ed essere scatenata da un qualcosa di fortemente traumatico, ma anche sopraggiungere senza fattori concomitanti (depressione endogena). Può assumere la forma di un singolo episodio transitorio (episodio depressivo), oppure di un vero e proprio disturbo (disturbo depressivo). L’episodio o il disturbo depressivo sono a loro volta caratterizzati da una maggiore o minore gravità. Quando i sintomi sono tali da compromettere l’adattamento sociale si parlerà di disturbo depressivo maggiore, in modo da distinguerlo da depressioni minori che non hanno gravi conseguenze e spesso, come accennato, sono normali reazioni ad eventi luttuosi.
Le cause non sono ancora del tutto chiare, anche se due ipotesi vanno per la maggiore. La prima attribuisce la depressione a fattori biologici, per esempio le alterazioni della regolazione dei neurotrasmettitori cerebrali, mentre la seconda prende in considerazione fattori psicosociali o psicodinamici. Per esempio periodi particolarmente a rischio nella donna sono quello post parto e la menopausa, nell’uomo il pensionamento. Negli anziani i sintomi depressivi sono molto frequenti, anche se spesso vengono confusi con la demenza o attribuiti all’invecchiamento.
Altre cause scatenanti possono essere:
- problemi di salute, che possono influire in modo negativo sul tono dell’umore: esempio l’ipotiroidismo, la sindrome da stanchezza cronica;
- fattori genetici: chi ha un genitore che soffre di depressione maggiore, ha una probabilità doppia di ammalarsi a sua volta di depressione rispetto ad una persona che ha un genitore non depresso;
- fattori stagionali: per esempio la mancanza di luce e di sole favorirebbe lo scatenarsi di uno stato depressivo nelle persone predisposte;
- traumi nell’età dello sviluppo: chi ha avuto durante l’età dello sviluppo esperienze difficili e dolorose come la morte di un genitore, può avere una fragilità psicologica che lo può predisporre a sviluppare la depressione. Anche l’abuso sessuale, fisico o psicologico, priva il bambino della necessaria autostima per affrontare le difficoltà della vita e lo predispone, a diventare un adulto depresso;
- eventi stressanti: per esempio un licenziamento, un divorzio improvviso, la perdita di una persona cara.
In tutti i tipi di depressione è consigliabile associare a una terapia farmacologica, basata su farmaci antidepressivi che agiscono ripristinando il livello dei neurotrasmettitori cerebrali, anche la psicoterapia, ossia incontri periodici con specialisti che forniscono un supporto psicologico al paziente. I primi, tuttavia, presentano una serie di effetti collaterali perché interferiscono con diversi neurotrasmettitori, oltre alla serotonina, e possono causare sonnolenza, tremori, aumento di peso, disturbi nell’articolazione della parola, vertigini e insonnia.
Ultimamente sono utilizzati nuovi farmaci antidepressivi chiamati SSRI, inibitori selettivi della ricaptazione serotoninergica, che agiscono proprio sulla serotonina evitando molti degli effetti collaterali tipici dei vecchi antidepressivi.
Segui i consigli degli esperti.
Commenti