Il morbo di Crohn è una malattia poco frequente, le cui cause sono ancora sconosciute, che può colpire tutto il canale alimentare, dalla bocca all’ano, ma che si localizza prevalentemente nell’ultima parte dell’intestino tenue (ileo), nel colon o in entrambi. Per tali motivi viene anche definita ileite terminale (se interessa l’ileo) o enterite regionale (nel caso in cui il processo morboso è a carico del piccolo intestino). Meno frequentemente interessa invece il duodeno, lo stomaco e l’esofago. In una piccola percentuale di pazienti, soprattutto bambini e adolescenti, si osserva anche un importante ed esteso interessamento del digiuno, ossia la parte centrale dell’intestino tenue.
Essa rientra nelle cosiddette malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), tra le quali si annovera anche la colite ulcerosa. Il morbo di Crohn è una malattia autoimmune, come l’artrite reumatoide, la colite ulcerosa, la psoriasi, l’artrite psoriasica e la spondilite anchilosante, in cui il sistema immunitario attacca il tratto gastrointestinale provocando l’infiammazione.
La malattia colpisce prevalentemente tra i 20 e i 40 anni e i pazienti affetti da tale patologia sono in costante aumento soprattutto nei paesi occidentali. Tale aumento può essere dovuto ad una maggiore accuratezza nel formulare la diagnosi, da attribuire alla maggior conoscenza della malattia e alle più evolute tecniche. La sua incidenza è di circa 3 casi ogni 100.000 abitanti negli Stati Uniti e tra i 4 e i 10 ogni 100.000 abitanti in Scandinavia e in Gran Bretagna. In Italia non esiste un registro nazionale, comunque sulla base di una ricerca svolta dall’associazione AMICI, si calcola che ci siano almeno 100.000 persone affette da malattie infiammatorie intestinali, di cui probabilmente 30-40% affetti dal morbo di Crohn.
Il tratto interessato dal morbo, a causa di un processo infiammatorio cronico, appare come un tubo rigido, con parete ispessita e di sovente con aderenze e comunicazioni abnormi (fistole) con le anse intestinali vicine. La parete del segmento intestinale colpito perde la sua lucentezza, tanto da essere visibilmente differente dalle parti sane. Dal punto di vista microscopico, sono le strutture linfatiche ad essere interessate, data la loro ricchezza nella parete intestinale, e le linfoghiandole appaiono ingrossate e ben evidenti. L’instaurazione di questi fenomeni è lenta, ma costante e progressiva.
Le cause del morbo sono tutt’oggi sconosciute e le ricerche sono indirizzate ad accertare quali possano essere i fattori responsabili che agiscono su un terreno geneticamente predisposto. Indicano per esempio una predisposizione genetica la maggior frequenza della malattia nei soggetti di razza bianca, negli ebrei e nei familiari di pazienti affetti dal morbo.
Si ritiene, invece, che i fattori che lo causano siano molteplici, tra cui tossici, alimentari, infettivi e che tutti contribuiscano a provocare a livello dell’intestino reazioni abnormi di tipo immunitario.
I fattori di rischio sono la tendenza alla familiarità, l’uso di contraccettivi orali e il fumo di sigaretta. Questi ultimi due possono infatti determinare microlesioni segmentarie.
I sintomi del morbo, caratterizzati dall’alternarsi di fasi di benessere e periodi di riacutizzazione, variano a secondo della zona intestinale colpita e insorgono in maniera subdola, tanto da essere scambiati come un attacco di appendicite. A volte il primo sintomo è una crisi acuta di occlusione intestinale, con nausea, vomito, dolori intensi. Possono, inoltre, verificarsi complicanze locali come ascessi, fistole addominali e perianali, perforazioni, emorragie intestinali, oltre a varie complicanze sistemiche.
Per la diagnosi è fondamentale l’esame radiologico; la colonoscopia può essere utili, invece, se il morbo interessa questa determinata parte dell’intestino.
Purtroppo per la malattia di Crohn non esistono cure definitive; l’intervento chirurgico di rimozione del tratto di intestino malato, necessario nei casi più gravi, è seguito nell’80% dei casi da una recidiva entro l’anno.
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