Presentata oggi a Roma una ricerca che, per la prima volta in italia, dà voce ai problemi e alle speranze delle persone colpite da tumore.
“AD ALTA VOCE” è la prima grande indagine nazionale sui pazienti oncologici realizzata dal Censis, con il sostegno di Roche, in collaborazione con FAVO e le Associazioni federate, che ha coinvolto più di 1.000 pazienti e 700 care giver.
I pazienti giudicano adeguata l’assistenza erogata dal Servizio Sanitario Nazionale, bocciano la rete dei servizi sociali e chiedono terapie sempre più personalizzate e dai minori effetti collaterali. Al contempo, vedono il rischio che i tagli al budget, indotti dalle risposte alla crisi, compromettano l’accesso ai farmaci innovativi, che assicurano anche un rapido rientro nella vita sociale e lavorativa.
Oggi il tumore è considerato una ‘patologia sociale di massa’: oltre 2,2 milioni di persone in Italia hanno avuto nella loro vita una diagnosi di tumore. Il 57% ha superato la malattia da 5 anni e circa 800mila da almeno dieci anni. Oggi ci si ammala di più, si muore di meno e si può convivere con il cancro anche per anni: il tumore tende ad essere sempre più una malattia ‘cronica’, nonché una ‘patologia sociale di massa’, con un impatto sulla società che va ben al di là degli aspetti strettamente sanitari.
L’indagine condotta ha rivelato un’assistenza a due facce: i pazienti valutano positivamente la qualità dell’assistenza erogata dal Servizio Sanitario, mentre è negativo il giudizio sui servizi sociali, su quelli del territorio e sulle varie forme di tutela, inclusi i supporti economici.
Nel dettaglio, il 77% dei pazienti giudica ottimi (25,7%) o buoni (51,6%) i servizi sanitari con cui sono entrati in contatto dal momento della diagnosi. Un ulteriore 18% li giudica sufficienti e meno del 4% insufficienti. Gli aspetti maggiormente apprezzati sono la capacità professionale degli operatori sanitari (medici e infermieri), valutata positivamente da circa l’80% dei pazienti, la qualità dei servizi di day hospital e ambulatoriali (78,2%), come anche di quelli degli ospedali e dei luoghi di ricovero (77,4%).
Due terzi dei pazienti (65,6%) sono però convinti che esistano disparità territoriali nella qualità di alcuni servizi erogati e nell’accesso alle cure più efficaci e innovative. Lo conferma anche il fatto che per gestire una o più fasi della malattia (diagnosi, intervento, terapie), il 21% dei pazienti si rivolge a strutture di regioni diverse da quelle di residenza. Il Servizio Sanitario Nazionale, dunque, risponde alle aspettative di cura delle persone con tumore; mentre la bocciatura arriva invece sul fronte dell’assistenza sociale.
L’indagine Censis rivela che solo il 45% dei pazienti ritiene buoni o ottimi i servizi sociali, mentre il 13,6% esprime un giudizio d’insufficienza; addirittura, il 21% degli intervistati afferma di non poter valutare i servizi sociali, per l’estraneità a questa rete, che nella cronicizzazione della patologia dovrebbe invece essere centrale. Molto negativo è il giudizio sull’assistenza domiciliare, giudicata insufficiente dal 42% degli intervistati, mentre un capitolo ancora più dolente è quello delle tutele economiche, che la metà dei pazienti definisce insufficienti, a fronte dell’impatto che i costi della patologia hanno sui propri bilanci e su quelli dei familiari.
Gli aspetti legati al lavoro e all’inserimento sociale, inoltre, contribuiscono in misura notevole a fare dei tumori una grande questione sociale. Se il netto miglioramento delle terapie antitumorali ha ridotto drasticamente – da 17 a 4 mesi – l’intervallo tra l’intervento chirurgico o i trattamenti e il reingresso nella vita quotidiana, il paziente trova ancora oggi di natura sociale, ad esempio nelle attività lavorative. Negli ultimi 5 anni sono state quasi 85mila le persone licenziate, costrette alle dimissioni o comunque estromesse dal lavoro a seguito delle conseguenze della diagnosi di tumore. L’aspetto che più di tutto pesa nella condizione dei pazienti oncologici, e aleggia in tutta la ricerca del Censis, è l’incertezza per il futuro.
Oggi i pazienti chiedono alla Sanità non la semplice sopravvivenza, ma una capacità d’intervento che acceleri il ritorno alla normalità: di fronte alla crisi finanziaria, il Servizio sanitario saprà ancora garantirla? Una quota rilevante del campione ne dubita: il 29,5% dei pazienti teme che le difficoltà di bilancio della Sanità condizionino la messa a disposizione delle terapie oncologiche innovative, più mirate e con minori effetti collaterali, come i farmaci biologici; e il 25,7% è preoccupato che le attuali disparità regionali nell’accesso alle cure, che contribuiscono in misura determinante ad assicurare un rapido rientro nella vita sociale, possano ulteriormente aumentare.
I risultati della ricerca “AD ALTA VOCE” rappresentano secondo i promotori il punto di partenza per dare impulso una maggiore consapevolezza collettiva sulla reale condizione dei pazienti oncologici e delle loro famiglie, e per misurarsi concretamente con le soluzioni necessarie per rispondere alle criticità e alle aspettative che emergono dall’indagine.
Fonte: Comunicato Stampa Pro Format Comunicazione
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