Alimentazione|2 marzo 2014 20:25

La pasta, la regina della dieta mediterranea

La pasta, parola che deriva probabilmente da un termine greco che significa farina mista a liquido, è un alimento tipico italiano e della dieta mediterranea. La sua fama è legata alla eccellente qualità – la sua composizione non prevede, infatti, alcun conservante, nessun colorante e un contenuto di grassi piuttosto modesto - alle sue origini antichissime, alla fantasia degli italiani che, mediante vari formati e condimenti, ne hanno esaltato il sapore.

L’Italia, con 3.191.505 tonnellate per l’anno 2005 detiene anche il primato della produzione mondiale, seguita dagli Stati Uniti con 2.000.000 di tonnellate e dal Brasile con 1.000.000. Le esportazioni assorbono circa il 50% della produzione italiana e sono in continua crescita, sia per l’aumento della richiesta nei mercati tradizionali, sia per l’allargamento dei mercati verso l’Est europeo e l’Oriente.

Le paste alimentari in commercio sono di tre tipi: paste secche, paste fresche e paste speciali.
Vediamole in dettaglio!

Le paste secche sono quelle ottenute dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di impasti preparati rispettivamente ed esclusivamente con semola di grano duro (che si ricava in fase di macinazione dalla parte centrale del chicco di grano e che permette alla pasta di tenere ottimamente la cottura), e acqua oppure semolato di grano duro e acqua.
La semola si impasta con acqua; in questo modo l’amido e le proteine si legano all’acqua ed inizia a formarsi il glutine, una rete proteica che lega i granuli d’amido idratati.  L’impasto viene amalgamato e omogeneizzato con una macchina chiamata gramola. Successivamente tale impasto viene estruso attraverso una trafilatrice, che ne imprime la forma desiderata. Se la trafila è in bronzo, la superficie della pasta risulterà lievemente rugosa, rendendo la pasta più adatta a trattenere sughi e condimenti.
Nella laminazione, invece, processo alternativo all’estrusione, l’impasto viene passato attraverso una serie di cilindri contrapposti dalla distanza decrescente fino a ottenere una sfoglia dello spessore desiderato, evitando la temperatura e la pressione cui è sottoposta nel processo di trafilazione.
Il processo non è ancora terminato, perché l’impasto contiene ancora troppa acqua: circa il 30% del suo peso. La pasta viene perciò immessa negli essiccatoi e ventilata più volte con aria calda. A mano a mano che l’umidità affiora viene eliminata.
Nelle paste secche non è consentita la miscelazione degli sfarinati fra di loro e l’utilizzo di farina di grano tenero né di altro tipo. Questo fa della pasta italiana un alimento che si differenzia per qualità e bontà rispetto a quelle di altri Paesi, dove è invece consentito l’impiego di grano tenero per la sua produzione.

Le paste fresche sono prodotte utilizzando anche il grano tenero, ma esse non devono avere una acidità superiore al 6% e una umidità superiore al 30% quando sono vendute in confezioni sigillate. Per le altre caratteristiche (ceneri e cellulosa) devono essere conformi alle prescrizioni per le paste secche. Le paste alimentari fresche, poste in vendita allo stato sfuso, devono essere conservate, dalla produzione alla vendita, a temperatura non superiore a + 4° C. Il consumo del prodotto deve avvenire entro cinque giorni dalla data di produzione. Negli ultimi anni, inoltre, le industrie alimentari hanno proposto la pasta in vari formati cotti, conditi secondo ricette tradizionali e poi surgelati che, come tali, sottostanno anche alle norme sulla surgelazione. È proposta, sempre precotta ma non surgelata, anche in confezioni sigillate utilizzabili a breve scadenza.

Le paste speciali sono quelle alle quali è consentito aggiungere altri ingredienti che possono sia entrare a far parte della pasta vera e propria che essere impiegati come ripieno. Si tratta delle paste all’uovo, delle paste con spinaci, quelle verdi per intenderci, delle paste con ripieno, tortellini, agnolotti e ravioli. Tra le paste speciali vanno annoverate anche quelle integrali, quelle con aggiunta di glutine o sottrazione di glutine e quelle arricchite.

Non vanno, infine dimenticate le paste dietetiche che hanno una composizione diversa e sono indicate in particolari terapie o regimi dietetici. Tra queste ricordiamo la pasta aproteica e le paste senza glutine. La prima è indicata in tutti i casi in cui bisogna limitare l’apporto proteico derivante dai vegetali, come nell’insufficienza renale o in alcune affezioni epatiche. Le proteine vegetali, infatti, contengono aminoacidi non compiutamente utilizzabili dall’organismo e pertanto destinati ad essere eliminati per via renale. La pasta senza glutine è invece indicata nelle persone affette da patologie caratterizzate da un cattivo assorbimento intestinale derivante da un’intolleranza al glutine (morbo celiaco, sprue) contenuto nel grano e nei suoi derivati.

In Italia la pasta secca costituisce i tre quarti dei consumi totali, mentre l’altro quarto è rappresentato dalla pasta fresca. La nostra nazione, con 28 kg annui pro capite, è al primo posto nella graduatoria mondiale per il consumo di pasta, a grande distanza dal Venezuela che ne consuma solo la metà. Il 37% dei consumi italiani avviene al nord (24 kg pro capite), il 23% al centro (28 kg pro capite) e il 40% (34 kg pro capite) al sud.

Una buona pasta, prodotta con materie prime di qualità e una buona tecnica industriale dovrebbe avere alcune specifiche caratteristiche tra cui: il colore giallo ambrato, più o meno intenso, che aumenta dopo la cottura; nessun odore; una lieve sfumatura dolciastra all’assaggio del prodotto crudo; un suono secco alla rottura e una frattura liscia e vetrosa. Dopo la cottura, invece, non dovrebbe essere scivolosa, né essere troppo elastica, né troppo morbida, avere un apprezzabile aumento durante la cottura.

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